Un viaggio in treno tra Zagabria e Milano alla ricerca di se stessi. Una stanza d’ albergo, a prendere le misure dei propri desideri più intimi, in fuga da una vita apparentemente perfetta ma afflitta dal disagio di trovarsi distante dai propri desideri.
“Cosa devo fare?” Mi sono chiesto nei primi passi caotici di questa Pièce teatrale, leggendo nello sguardo dell’attore la confusione folle che tutti abbiamo nella mente quando ci si inceppa tra quattro mura che alziamo noi stessi a volte con assurda e micidiale maestria…
Affermare che il mondo rotola verso la sua fine, che i politici sono tutti corrotti, che i precari rimarranno tali…
Solitudine, disagio esistenziale nel disarmante “gioco di ruoli” della quotidianità, insopportabili mura claustrofobiche alla Sartre.
Se il titolo è già una sfida al comune pensiero perbenista, figurarsi quanto non lo sia l’azione provocatoria di Ippollito Chiarello, interprete e anima dello spettacolo Fanculopensiero Stanza 510.
Dando per scontato che non esiste essere vivente sul pianeta che non abbia mai pensato di uscire da se stesso desiderando un’altra esistenza…
Una stanza d ́albergo, un secchio d ́acqua, la magia della musica. Elementi scarni ed essenziali di un vivere tormentato, ingredienti utili ma non indispensabili per una profonda introspezione psicologica.
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